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            | Vegetarianesimo | 
Una          scelta spirituale
di                Annalisa e Giampiero Cara 
Non          mangiare carne non è soltanto, né soprattutto, una questione          di salute. Si tratta, piuttosto, di una questione d'amore: per gli animali          e per la Terra, senza dubbio, ma anche per noi stessi. Come è possibile,          infatti, espandere il proprio livello di consapevolezza, comprendere l'unità          del tutto, rimanendo insensibili all'uccisione di tanti nostri meravigliosi          "fratelli minori"? 
Negli          ultimi tempi si sente parlare sempre di più del vegetarianesimo          (o vegetarianismo o vegetarismo). Spesso chi propugna la dieta vegetariana,          ossia priva di cibi provenienti dall'uccisione di animali, lo fa sostenendo          che mangiar carne fa male alla salute. 
I          motivi ecologici e di salute 
Si          tratta di una tesi avallata, in effetti, anche dalla scienza ufficiale,          secondo cui chi mangia soprattutto alimenti vegetali è molto          meno esposto a malattie dell'apparato cardiovascolare, a tumori, ipertensione,          diabete. Ciò accade, secondo molti studiosi, soprattutto perché          l'uomo, per le sue caratteristiche fisiologiche affini a quelle delle          scimmie e assai diverse da quelle degli animali carnivori, non è          onnivoro bensì frugivoro, ossia predisposto ad un'alimentazione          a base di frutti e semi. 
Esistono          dei motivi ecologici altrettanto validi a favore del vegetarianesimo,          tra cui gli enormi sprechi di risorse necessari per mantenere gli          allevamenti intensivi di "bestiame da macello", condotti con criteri disumani,          nonché la distruzione di foreste millenarie e di terreni fertili,          soprattutto nel Terzo Mondo, per creare pascoli. 
Tuttavia,          al di là di queste motivazioni che fanno già del vegetarianesimo          un'alimentazione benefica per tutto il Pianeta, è importante notare          che il primo motivo, sia dal punto di vista cronologico sia per importanza,          per cui è nato e continua ad esistere il vegetarianesimo è          un motivo di carattere spirituale, morale, religioso. 
I          motivi dello spirito
Da          sempre, i più grandi saggi e illuminati della storia raccomandano          a chi segue un cammino di evoluzione interiore di non mangiare          carne. Vediamo perché.
Uno          dei pilastri comuni a tutte le grandi religioni della Terra è rappresentato          dalla compassione verso ogni essere vivente, da cui consegue il          divieto di uccidere. In effetti, nella religione cristiana, il celebre          quinto comandamento non pone limiti in questo senso: non dice "Non uccidere          gli esseri umani". 
Anzi,          in realtà, la sua traduzione letterale dall'ebraico equivale a          "Non commettere alcun genere di uccisione". Questo perché il          Cristianesimo -- come il Buddhismo, l'Induismo, l'Islamismo e l'Ebraismo          -- è una religione che, alle origini, faceva del vegetarianesimo          uno dei fondamenti della sua dottrina.
Certo,          ormai la maggior parte dei sacerdoti di queste religioni (tranne il Buddhismo          e l'Induismo) tollera se non addirittura incoraggia l'uccisione di animali          e il consumo delle loro carni. Ma forse è il caso di riflettere          su quanto disse il Buddha nel Dhammapada: "In futuro, alcuni sciocchi          sosterranno che io ho dato il permesso di mangiare carne, e che io stesso          ne ho mangiata, ma io non ho permesso a nessuno di mangiare carne, non          lo permetterò ora, non lo permetterò in alcuna forma, in          alcun modo e in alcun luogo. E' incondizionatamente proibito a tutti".          
Abbiamo          già accennato al motivo di tanta severità: "Mangiare la          carne", spiegava ancora il Buddha, "spegne il seme della grande compassione".          Pertanto, se si desidera avvicinarsi a Dio, che è compassione e          amore perfetti, non si può non coltivare in sé questi sentimenti.          E aggiunge il Buddha: "E' per sfuggire alle sofferenze della vita e per          raggiungere la perfezione mistica che si pratica la meditazione. 
Ma          perché infliggere sofferenza agli altri, quando noi stessi cerchiamo          di evitarla? Se non riuscirete a controllare la mente in modo da aborrire          anche solo il pensiero di un atto brutale e dell'uccidere, non sarete          mai in grado di sfuggire ai legami della vita di questo mondo. Come può          colui che cerca, che spera di imparare a liberare gli altri, vivere della          carne di esseri senzienti?"
Anche          nei Veda, i testi sacri dell'Induismo, si possono leggere migliaia di          ingiunzioni a non consumare carne, perché "si diventa degni della          salvezza quando non si uccide alcun essere vivente". E non solo non lo          si uccide, ma non lo si mangia neppure. Infatti, nei Veda si sostiene          che è necessario astenersi dall'ingerire qualsiasi genere di carne,          perché tale cibo implica sempre l'atto di uccidere e crea legami          karmici. "Chi uccide gli animali", concludono impietosamente i Veda, "non          può provare piacere nel messaggio della verità assoluta".          
Secondo          i Veda, insomma, l'uomo dovrebbe scorgere lo stesso principio della vita          in tutti gli esseri viventi. E infatti, questi testi sacri descrivono          incarnazioni di Dio in varie forme non umane, tra cui il pesce , il cavallo,          la tartaruga, il cinghiale. 
Il          vegetarianesimo e le religioni del mondo
"La          filosofia dei Veda", scrive il professor Steven Rosen nel suo illuminante          libro "Il vegetarianesimo e le religioni del mondo" (Gruppo          Futura), riconosce appieno agli animali la capacità di raggiungere          stati di spiritualità elevata. Si tratta di una tradizione religiosa          che non promuove soltanto il vegetarianesimo, ma anche l'uguaglianza          spirituale di tutti gli esseri viventi. Il vegetarianesimo non          è altro che la conferma di questa consapevolezza: tutti gli esseri          viventi sono spiritualmente uguali".
Anche          il Corano esalta la compassione e la misericordia di Allah -- chiamato          al-Raham, ovvero "l'infinitamente misericordioso" -- nei confronti di          tutti gli esseri da lui creati, senza eccezioni. Lo stesso profeta Maometto,          che era vegetariano e amava gli animali, disse: "Chi è buono verso          le creature di Dio è buono verso se stesso".
Per          quanto riguarda l'Ebraismo, nella Genesi l'alimentazione prescritta all'uomo          è chiaramente vegetariana: "Ecco vi do ogni erba che produce seme          e che è su tutta la terra e ogni albero in cui è il frutto          che produce seme: saranno il vostro cibo" (1, 29). E ancora nella Genesi          si legge: "Non dovreste mangiare la carne, con la sua vita, che è          il sangue". E infatti, il popolo d'Israele si mantenne vegetariano per          dieci generazioni, da Adamo a Noè. 
Dopo          che il diluvio universale ebbe distrutto tutta la vegetazione, Dio diede          al suo popolo il permesso temporaneo di mangiare carne. Poi, per ristabilire          l'alimentazione vegetariana, quando gli israeliti lasciarono l'Egitto,          Dio fece cadere su di loro la manna, un alimento vegetale adatto a nutrirli          durante il loro duro viaggio. Ma poiché gli israeliti continuavano          a chiedere con insistenza la carne, Dio gliela diede, insieme però          ad una peste fatale che colpì tutti coloro che ne mangiarono.
Per          quanto riguarda il Nuovo Testamento, e quindi il Cristianesimo, l'insegnamento          di Gesù Cristo è stato a tal punto censurato nelle numerose          traduzioni e revisioni dei Vangeli che sono quasi sparite le tracce della          sua compassione e del suo completo amore per tutte le creature viventi,          che si esprimevano anche nel non mangiare carne di alcun tipo, in armonia          con la tradizione degli Esseni. 
Infatti,          in un "Vangelo secondo Giovanni" tramandato dagli Esseni e dalle Chiese          cristiane d'Oriente ma rifiutato dalla Chiesa ufficiale, Cristo è          un profeta che insegna l'assoluta non-violenza nei confronti degli animali          e vieta esplicitamente ai suoi discepoli di mangiare carne: "Mangiate          tutto ciò che si trova sulla tavola di Dio: i frutti degli alberi,          i grani e le erbe dei campi, il latte degli animali ed il miele delle          api. Ogni altro alimento è opera di Satana e conduce ai peccati,          alle malattie ed alla morte".
I          primi cristiani, infatti, erano rigorosamente vegetariani. E lo erano          anche i vari Padri della Chiesa, come San Giovanni Crisostomo, San Girolamo,          Tertulliano, San Benedetto, Clemente, Eusebio, Plinio e molti altri. Ma          quando il Cristianesimo volle diventare la religione di Stato dell'Impero          Romano, durante il concilio di Nicea vennero radicalmente alterati i documenti          cristiani originali, per renderli accettabili all'imperatore Costantino,          che alla carne non voleva rinunciare. 
Così,          per convertirlo, i "correttori" nominati dalle autorità ecclesiastiche          eliminarono dai vangeli qualsiasi riferimento al non mangiare carne: tradussero          con il termine "carne", per ben diciannove volte, il termine greco originale          "cibo" e scelsero la versione "dei pani e dei pesci" a quella, contemporanea          a Cristo, del miracolo della "moltiplicazione dei pani e della frutta"          (va detto, comunque, che neanche i pesci della seconda versione dovevano          essere veri e propri pesci, bensì frittelle di alghe molto comuni          tra il popolo ebraico all'epoca). 
Pertanto,          le persecuzioni dei cristiani proseguirono anche sotto Costantino, ma          a subirle furono solo quelli che si ostinavano a non mangiare carne.
In          seguito, i santi cristiani sono stati in gran parte vegetariani. Basti          pensare al più famoso di tutti, San Francesco, il quale, nel suo          amore per tutte le creature viventi, si nutriva esclusivamente di pane,          formaggio, verdure e acqua di fonte. 
I          vegetariani nella storia
Ma          anche molti dei più grandi geni della storia hanno scelto la via          del vegetarianesimo, come dimostra un esauriente excursus compiuto dal          giornalista ed esperto di alimentazione Nico Valerio nel suo libro Il          piatto verde (Mondadori).
Nel          VI secolo a.C., per esempio, il grande filosofo e iniziato Pitagora          predicava, nella sua scuola di Crotone, il vegetarianesimo più          stretto. I pitagorici aborrivano qualsiasi forma di uccisione e si astenevano          dal mangiare "esseri animati", per raggiungere quello stato di purezza          e di ascetismo che per loro rappresentava il massimo grado dell'iniziazione,          ossia una condizione che permette all'uomo di liberarsi dalla prigione          del corpo e di riacquistare la sua originaria condizione divina.
Rimanendo          nell'antica Grecia, nella Repubblica di Platone, Socrate espone          a Glaucone l'alimentazione ideale per gli uomini della città del          futuro: focacce di frumento e orzo, olive, formaggio di capra, cipolle,          legumi, dolcetti di fichi, bacche di mirto, ghiande arrosto e un po' di          vino. Ma Glaucone vuole la carne, e allora Socrate, anticipando i motivi          ecologici del vegetarianesimo, gli spiega che, per mangiare carne, "avremo          bisogno di molti maiali e di guardiani, e poi saremmo costretti a ricorrere          più spesso ai medici. E gli allevamenti richiederanno spazi nuovi,          sottraendo terreno all'agricoltura. Così, la città sarà          costretta ad invadere i paesi vicini ed a fare la guerra" (questo collegamento          tra alimentazione carnea e guerra fu visto anche da Pitagora, il quale          sosteneva che "finché gli uomini massacreranno gli animali, si          uccideranno tra di loro").
Nel          secondo secolo dopo Cristo, lo storico greco Plutarco diceva a          chi si cibava di carni: "Se tu affermi di essere nato per questo tipo          di alimentazione, quando vuoi mangiare un animale prima uccidilo tu stesso,          ma fallo servendoti solo delle tue forze, non di armi. Come i lupi, gli          orsi e i leoni uccidono da sé ciò che mangiano, ammazza          un bue a morsi o sbrana con la bocca un maiale, un agnello o una lepre          e, gettandoti su di loro, divorali mentre sono ancora vivi, come fanno          quelle belve. Ma se aspetti che la tua preda diventi cadavere e la presenza          dell'anima vitale ti fa esitare a gustarti la carne, perché contro          natura ti nutri di ciò che è animato?"
Leonardo          Da Vinci, genio vegetariano del nostro Rinascimento, si lamentava          che "i nostri corpi sono sempre più le tombe degli animali". E          profetizzava: "Verrà il giorno in cui gli uomini considereranno          l'uccisione di un animale come oggi considerano l'assassinio di un uomo".
Nel          '600, il grande illuminista J.J. Rousseau osservava che gli animali          carnivori sono più crudeli e violenti degli erbivori, e perciò          la dieta vegetariana rende l'uomo meno aggressivo. 
Nel          '700, il celebre politico e scienziato americano Benjiamin Franklin          definiva il mangiar carne "un delitto ingiustificato". Era diventato vegetariano          a sedici anni perché si era accorto che "apprendeva più          in fretta e aveva maggior acume intellettuale". 
Nell'800,          il poeta romantico inglese P.B. Shelley vagheggiava un mondo ideale          in cui "l'uomo non uccide più l'agnello dai dolci occhi e ha smesso          di divorare le carni macellate, che per vendetta delle violate leggi di          natura sprigionavano nel suo corpo putridi umori". 
Nel          1885, si converte al vegetarianesimo anche lo scrittore russo Lev Tolstoi,          un ex cacciatore che divenne convinto assertore della non-violenza. "Mangiar          carne", scriveva, "è immorale perché presuppone un'azione          contraria al sentimento morale, quella di uccidere. Uccidendo, l'uomo          cancella in se stesso le più alte capacità spirituali, l'amore          e la compassione per le altre creature".
Nel          nostro secolo, sono stati vegetariani grandi uomini come il musicista          e medico filantropo Albert Schweitzer, premio Nobel per la pace          nel 1952, o come un altro premio Nobel, il Mahatma Gandhi, il quale          sosteneva che "la carne non è alimento adatto alla nostra specie".          
Anche          il più grande scienziato del '900, Albert Einstein, sosteneva          che "la scelta di vita vegetariana, anche solo per i suoi effetti fisici          sul temperamento umano, avrebbe un'influenza estremamente benefica sulla          maggior parte dell'umanità".